Tra misteri, dubbi e fragilità umane: il giallo introspettivo di “Un commissario per caso. Il filo del tradimento”

“Un commissario per caso. Il filo del tradimento” è il nuovo libro di Carlo Magnifico – pseudonimo dell’autore – che trasporta il lettore nel mondo del giallo con una sensibilità che va oltre la mera indagine criminologica.

Attraverso le parole di Fabio Santella, amico dello scrittore, abbiamo avuto modo di esplorare i temi e le istanze alla base di una storia in cui il protagonista è molto più di un semplice risolutore di omicidi. Attraverso i suoi occhi, seguiamo non solo la ricerca della verità nei casi che affronta, ma anche una ricerca interiore che diventa un viaggio alla scoperta di sé e del proprio posto nel mondo, parimenti allo stato d’animo dell’autore in continua esplorazione del proprio percorso.

Da dove nasce l’esigenza di scrivere questo libro?

“Ciò che ha spinto l’autore a scrivere il libro è stata sicuramente la sua passione per i libri gialli dai classici dell’ottocento fino ai personaggi creati dagli autori contemporanei. Sherlock Holmes, Poirot, Miss Marple ma anche Ellery Queen, arrivando al commissario Ricciardi e all’ormai immortale Montalbano, hanno fatto appassionare l’autore al genere letterario.

A fronte di questi personaggi che sembrano essere nati detective o commissari, che appaiono sempre così sicuri e determinati, l’idea di Carlo Magnifico è stata quella di creare un personaggio figlio della propria generazione e soprattutto, delle proprie esperienze.

Il protagonista del libro è, infatti, un commissario che non si sente portato per il ruolo che ricopre e al quale è arrivato casualmente e che si confronta quotidianamente con il nemico che l’autore riconosce alla propria generazione: l’ansia. Un commissario per caso, per l’appunto. Siamo quindi lontani dal prototipo dell’investigatore infallibile, dotato di un talento innato. Il commissario Barbero si pone sullo stesso piano del lettore e con lui procede nelle indagini ad armi pari.

Di cosa parla il libro e come mai la scelta di questo titolo?

“Innanzitutto, devo dire che questo libro è pensato come un episodio di una serie e, in effetti, altri due romanzi sono in via di pubblicazione. Tutte le indagini del commissario Barbero si svolgono nel mondo dell’università fra logiche discutibili e concorsi pilotati.

Ne’ “Il filo del tradimento” il commissario si trova a indagare sulla morte di un “quasi” ricercatore durante gli scavi in un sito archeologico della zona. Il colpevole è da ricercare nei suoi colleghi legati alla vittima dallo stesso destino di precarietà proprio della figura dei ricercatori universitari e dallo stranissimo vincolo che li lega al “maestro”, vale a dire il professore di riferimento del gruppo di studiosi.

L’omicidio è legato al concetto di tradimento di cui nella storia troviamo molti esempi emblematici e che, allo stesso tempo, ognuno di noi percepisce a proprio modo.

Una statuetta con un’incisione fatta ritrovare dall’assassino fra le mani della vittima condurrà il commissario Barbero alla scoperta del responsabile fra necropoli preromane e rapporti di amicizia e professionali dei protagonisti del libro.

Sarebbe tutto più facile se ci fosse un segno distintivo che definisse le persone, una sorta di marchio che si imprimesse ben visibile sulle mani degli assassini ma purtroppo, esteriormente siamo tutti uguali e questo condanna il commissario Barbero a dover capire cosa c’è dietro l’apparenza e la materialità dei gesti. Compito davvero arduo per chi, come lui, fatica a capire le proprie emozioni.

Esiste un personaggio in particolare che ha ispirato il processo di scrittura?

“Ci sono un po’ tutti gli investigatori che l’autore ama: Miss Marple, Poirot, Montalbano, ad esempio. Nessuna sparatoria, nessuna violenza efferata, per quello c’è già la realtà. La presenza del mare potrebbe ricordare Montalbano però il commissario di Camilleri adora il mare, ci nuota come se fosse nel suo ambiente naturale. Barbero invece lo teme, gli fa paura e per questo si limita a guardarlo dalla spiaggia.

Ma tutto è in trasformazione e anche i personaggi di un commissariato si evolvono, mutano, esattamente come ognuno di noi. E proprio nella trasformazione dei propri personaggi possiamo vedere la mano dello scrittore che deve condurre il lettore attraverso la crescita dei suoi protagonisti.

Quali temi vengono affrontati?

“Al di là dell’intreccio caratteristico del genere giallo, che in questo caso prende forma all’interno delle logiche universitarie con le sue sfumature un po’ comiche, credo che la scrittura sia per l’autore una forma di auto-terapia che lo spinge a ricercare, con il lettore, il segreto per sentirsi a proprio agio nelle differenti situazioni. Barbero è un uomo di 35 anni, ansioso senza sapere di esserlo, entrato per caso in Polizia e trasportato in una dimensione del tutto nuova. Percepisce il suo malessere e cerca di dargli un nome ascoltando la sua testa e il suo stomaco. Tutto contribuisce a costruire questo stato di precarietà, soprattutto la notizia dell’omicidio di turno che, immancabilmente, l’ispettore Corradi gli comunica.

Fedeli compagni di viaggio sono la sua amica Marta, le sue chitarre e le canzoni del Liga. Dalla terrazza di casa a picco sulla spiaggia, rigorosamente di notte, si libera di tutto ciò che lo tiene ben saldo a terra riuscendo almeno per una mezz’ora a sentirsi “leggero”.

Si possono trovare riferimenti a esperienze personali?

“Il personaggio è autobiografico e i sentimenti che lo descrivono, così come la paura e l’ansia, lo sono altrettanto. Il contorno è, invece, frutto dell’immaginazione. L’autore stesso è una persona che per anni ha cercato la giusta strada per affermarsi e capire se stesso. Nel libro si avverte la necessità di una trasformazione e l’inclinazione umana a procedere in un percorso di crescita.”

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