L’eterno dilemma non sembra trovare soluzione se non nelle attitudini del singolo debitore.
Nel caso di tasso fisso, infatti, a fronte di una percentuale più alta di interessi si avrà la certezza che per nessun motivo questi potranno cambiare, anche nel caso di inflazione vertiginosa (anche se, per quest’ultimo caso, almeno normalmente, le Banche si tutelano prevedendo dei limiti minimi di interessi: controllate bene le condizioni).
Nel caso di tasso variabile, a fronte di un interesse iniziale molto basso dovremo correre il rischio di un aumento del tasso di inflazione e, conseguentemente, del tasso di interesse applicato.
Molto interessanti (e ormai diffusissime) sono le soluzioni intermedie: un periodo a tasso fisso (di diversa durata a seconda delle Banche) e poi la possibilità di scegliere se continuare o optare per un tasso variabile (od altre condizioni). E viceversa.
Va considerato, poi, che spesso i mutui prevedono un periodo cd. di “preammortamento”. Cioè il mutuo entra a “regime” non subito alla data della stipula del contratto, ma in secondo momento (all’inizio, appunto, dell'”ammortamento”, cioè della scadenza delle rate pattuite e indicate nell’apposito prospetto normalmente allegato all’atto). In questo periodo, il tasso sarà diverso rispetto al quello previsto a “regime”. Inoltre, alcune Banche prevedono un tasso più favorevole per il primo periodo, per poi modificarlo dopo un certo periodo di tempo. Per avere un metro di riscontro, vanno valutate sempre le condizioni del mutuo a regime. Bisogna ammettere che qualche volta è estremamente difficile capire il metodo di calcolo degli interessi praticati dalla Banca in caso di tasso variabile.
Questi dati si desumono da dati oggettivi (normalmente il quotidiano “Il Sole 24Ore” o pubblicazioni equipollenti) e aggiungono a questo una certa percentuale detta “SPREAD” (circa il 0,8-3%). Più complesso è il calcolo (per esempio nel caso di utilizzo di due o più parametri di riferimento), più difficile è il controllo negli anni che il tasso applicato sia quello effettivamente dovuto.
Inoltre i tassi d’interesse devono stare sotto il livello del tasso di usura. Il calcolo dei tassi usurari viene fatto aumentando della metà i tassi medi di mercato. In base alle norme di legge la rilevazione viene fatta trimestralmente sui tassi medi praticati per le operazioni di prestito e viene ufficializzata dal Tesoro su dati raccolti dalla Banca d’Italia dall’Ufficio Italiano dei Cambi, pubblicati ogni tre mesi sulla Gazzetta Ufficiale.
Va tenuto presente che gli Istituti di Credito, per il calcolo degli interessi, prendono a base un parametro di riferimento:
Sono i tassi con cui vengono parametrati gli interessi passivi sul capitale da restituire alla banca e generalmente sono maggiorati di uno SPREAD che rappresenta il margine di guadagno della banca stessa. per i mutui a tasso variabile si fa riferimento a parametri quali EURIBOR e LIBOR; per quelli a tasso fisso si fa riferimento all’ EURIRS. Questi indici variano giornalmente e i loro valori sono pubblicati sui più diffusi giornali economici.
EURIBOR – tasso interbancario di riferimento per i prestiti a breve termine. E’ rilevato dalla Banca Centrale Europea ed è la media ponderata dei tassi a cui le banche, all’interno dell’area Euro si cedono depositi in prestito per periodi entro i dodici mesi.
LIBOR – (London Interbank Offered Rate) come per l’EURIBOR fa riferimento a prestiti a breve termine tra gli istituti di credito, ma questa volta per operazioni che si riferiscono a sterline inglesi.
EURIRS – è la media ponderata delle quotazioni delle operazioni IRS (Interest Rate Swap) effettuate dalle banche all’interno dell’area Euro, indica il costo delle operazioni con cui le banche trasformano operazioni a tasso fisso in tasso variabile per tutelarsi da rischi di rialzi nel lungo periodo.
EONIA – (Euro Overnight Index Average) è calcolato come media ponderata dei tassi overnight applicati su tutte le operazioni
di finanziamento non garantite concluse sul mercato interbancario dalle reference banks.
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